Appuntamento 2008 presso il 18° Expo Ischia

Si è tenuta il 16 ed il 29 Agosto 2008 Presso il 18° Expo Ischia con un grande successo di partecipanti.

I conigli sono stati cucinati ad arte in una pentola di rame del diametro di 2 metri seguendo rigorosamente i vari procedimenti della ricetta tradizionale.



Il tutto accompagnato da una vasta scelta di vino alla spina e pane di Altamura

La ricetta

Ingredienti:

  • 1 coniglio da circa 1,500 Kg
  • circa 150 g. di pomodorini maturi
  • prezzemolo
  • basilico
  • vino bianco ( possibilmente di Ischia)
  • 1,5 dl di olio d'oliva
  • peperoncino, sale, pepe, aglio

Procedimento:

Tagliate a pezzi il coniglio , lavatelo con il vino, asciugatelo con un panno asciutto e separatelo dalle interiora. Fate imbiondire aglio e peperoncino interi nel tegame (meglio se di terracotta) con l'olio. Al momento opportuno togliete dall'olio entrambi e metteteli da parte. Fate rosolare il coniglio nel medesimo tegame (uno dei segreti per una buona preparazione è quello di rosolare pochi pezzi alla volta, in modo da mantenere l'olio sempre ben caldo). Quando è ben colorito, riunite tutti i pezzi comprese le interiora nel tegame, aggiungete (se volete) aglio e peperoncino messi in precedenza da parte, spruzzate con un bicchiere di vino bianco, aggiungete sale e pepe, e fate cuocere a fuoco moderato per circa 30 minuti, rigirando di tanto in tanto ed eventualmente aggiungendo un po' di brodo (o altro vino) se il vino e' gia' evaporato. Aggiungete i pomodori spezzettati e privati della loro acqua e abbondante prezzemolo. Lasciate cuocere a fuoco lento per altri 20 minuti circa, rigirando di tanto in tanto, fino a quando il fondo di cottura non si sara' ben ristretto.
I tempi di cottura variano ovviamente in funzione della carne dell'animale e del tegame utilizzati. Se ritenete che il piatto richieda una cottura piu' lunga potete usare brodo o un po' di acqua da aggiungere all'intingolo.
Uno dei piccoli segreti di questo piatto consiste nel farlo "tirare" durante la cottura fin quasi a farlo "attaccare" , per poi allungare un po' il fondo di cottura qualche minuto prima di spegnere la fiamma per dare corpo all'intingolo.

La storia del coniglio di fosso

Il coniglio selvatico era un tempo l'animale più diffuso. Il D'Ascia dice che "l'isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarli", verso il 47Oa.C.
Due erano le specie: il coniglio leporino (con caratteri simili a quelli della lepre) e il coniglio sorcigno (con caratteri simili a quelli del sorcio).
I sovrani aragonesi e i marchesi del Vasto spesso andavano a caccia di conigli leporini. Oggi il coniglio non è più tanto selvatico e molte famiglie che abitano in campagna amano allevarlo in gabbia. Ma un tempo si allevava in un fosso scavato in un terreno a circa due metri di profondità. Lì i conigli crescevano e si moltiplicavano.
Quando il contadino gettava l'erba nel fosso, i conigli uscivano dalla tana per mangiarla ed egli, seminascosto, li contava, perché in pochi mesi il fosso si riempiva di conigli di varia grandezza e colore. Per catturarli bisognava chiudere la tana e ciò avveniva di notte sfruttando il chiarore della luna: si fissavano due paletti lateralmente alla tana, poi veniva fatta scivolare silenziosamente una tavola che, trattenuta dai paletti, ostruiva la tana. Il contadino allora scendeva nel fosso per mezzo di una scala, prendeva i conigli che gli erano necessari per il pranzo e li affidava alla padrona che li cucinava con cura.